Identità forte e qualità sono le chiavi del successo
Per esportare la pizza all’estero non sei affatto costretto a condirla con l’ananas.
Il successo fuori dai confini nazionali di tante catene di pizzerie italiane, che producono pizze tradizionali e di qualità, racconta una storia ben precisa. Come per tutto il Made In Italy, anche per l’export della pizza i consumatori ricercano la tradizione.
Quanto vale il mercato della pizza?
Ogni giorno, solo in Italia, vengono preparate 8 milioni di pizze. Il fatturato annuo nazionale è di 15 miliardi di euro. L’indotto economico è stimato a 30 miliardi (dati 2019).
Nel mondo, il solo mercato della pizza surgelata ha un valore di 19.6 miliardi USD nel 2019, con prospettiva di crescita.
Nel complesso, il mercato globale della pizza muove circa 145 miliardi di dollari statunitensi l’anno con una crescita nei consumi in nuovi mercati come quello latino-americano e quello asiatico.
Esportare la pizza: i trend e i gusti all’estero
La tradizione della pizza ha varcato i confini italiani e in parte si è slegata dalla madre-patria.
Se la pizza all’ananas, inventata da un pizzaiolo canadese di origine greca, crea sgomento negli italiani, la pizza pepperoni non è da meno.
Ogni regione del mondo ha adattato la pizza ai suoi gusti. In Asia, ad esempio, spopolano le pizze con pesce e salsa a base di ketchup e maionese, ma anche la durian pizza. Il durian è un frutto tipico della regione, famoso per il suo odore forte.
In India, puoi ordinare una pizza tandoori e anche i vari palati europei hanno prodotto le loro varianti. Un’interessante pagina su wikipedia descrive le pizze più apprezzate nei vari mercati mondiali.
La pizza italiana è un’altra cosa
Comunque è sempre più diffusa la consapevolezza che in questi casi non si tratta di pizza italiana. La produzione della pizza napoletana, per esempio, è regolamentata per legge da un disciplinare pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Del resto, dal 2010 la pizza napoletana una Specialità Tradizionale Garantita dell’Unione Europea e dal 2017 l’Unesco l’ha inserito l’arte del piazziuolo napoletano tra i patrimoni immateriali dell’umanità. La giornata mondiale della pizza ricorre il 17 gennaio.
I consumatori esteri sono sempre più consapevoli di cosa aspettarsi dalla pizza italiana. Via le fette d’ananas, il ketchup e il pollo tandoori. Per esportare la pizza all’estero con successo valgono le regole d’oro del Made in Italy: qualità, tradizione, autenticità.
Le pizzerie italiane che esportano la pizza italiana con successo
Ci sono molte strade per esportare la vera pizza italiana all’estero. Alcune, sono percorribili da grandi aziende come Buitoni che ha aperto un HUB a Benevento per produrre fino a 350 pizze Bella Napoli al minuto, per rafforzare il mercato estero.
Altre storie di successo, partono da realtà locali, piccole imprese, che sono diventate catene famose in tutto il mondo. Una delle soluzioni di internazionalizzazione più frequenti è il franchising: una scelta che gioca particolarmente a favore di realtà che, anche se a livello locale/regionale, hanno già un brand forte.
Ecco per esempio alcune tra le più note catene italiane che sono nate come realtà locali:
- La Pizzeria di Gino Sorbillo nasce come realtà locale a Napoli nel 1935 e diventa un brand internazionale, sinonimo della pizza napoletana. Oggi Gino Sorbillo vanta numerose onorificenze e vende le sue pizze a Napoli, Roma, Genova, Milano Torino, New York, Miami e Tokyo;
- Rossopomodoro apre il primo locale a Napoli Mergellina circa trent’anni fa e oggi è una catena con più di 100 locali in franchising in Italia e nel mondo. All’estero, Rossomodoro è presente in Gran Bretagna, Francia, Germania, Islanda, Danimarca, Portogallo, Svezia, Malta, USA, Brasile e Canada;
- Spontini, la pizza al trancio milanese per eccellenza nata nel 1953 a Corso Buenos Aires, ora ha più di trenta pizzerie tra Italia, Giappone e Kuwait.
5 lezioni che abbiamo imparato per esportare la pizza
Dalle storie di queste pizzerie e dalle storie di altri produttori F&B italiani che hanno successo all’estero, abbiamo imparato alcune lezioni utili.
- La prima è che, in qualsiasi caso, se si esporta il Made in Italy avere un’identità ben definita e alti standard di qualità è un vantaggio;
- La seconda: se la qualità premia a livello locale, premierà anche a livello internazionale;
- Altra lezione: bisogna avere rispetto di sé. Infatti si può decidere di localizzare il prodotto in base ai gusti dei consumatori di una regione, ma snaturarsi di solito non paga;
- Quarta: ogni Paese ha la sua cultura. Studiarla e rispettarla scrupolosamente evita strafalcioni macroscopici come servire cibi vietati per esempio per vincoli religiosi;
- Quinta ed ultima, prima di lanciarsi all’avventura è bene essere sicuri di avere le carte in regola per affrontare gli investimenti di tempo, energie e denaro.
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